Cosa c’è dietro la puntata di Masterchef

La recente puntata della serie Masterchef 7, andata in onda pochi giorni fa, ha acceso i riflettori sulla vita da campo degli scout e questo mi ha suggerito qualche riflessione su quello che i nostri ragazzi imparano durante le attività e sul valore educativo che ne deriva.

Dietro la rappresentazione televisiva del talent show culinario, si possono notare molti spunti di riflessione utili per chi ad un campo non ci è mai stato. Sono emersi elementi che mostrano quanto sia complessa e difficile la vita da campo che vivono i nostri ragazzi, e quanta esperienza occorra per gestire attività nelle quali le comodità casalinghe non sono presenti.

Prima di tutto tavoli e cucine non esistono in natura, ma vengono costruite dai ragazzi solo con semplici pali di legno e corde, quindi senza chiodi e staffe di ferro basandosi sullo studio di legature specifiche per collegare le varie parti a seconda delle inclinazioni e delle specifiche forze peso da sostenere. Per riuscirci occorre occhio, misura, forza e manualità. Queste doti si acquisiscono allenandosi provando e riprovando a costruire le strutture necessarie, facendo forza sulle proprie caratteristiche personali di inventiva e determinazione.

Poi c’è da gestire un fuoco.

Nella vita di tutti i giorni la tecnologia ci mette a disposizione strumenti più facili e comodi ma imparare a gestire un fuoco a legna significa saper calibrare la fiamma, usare pezzi della giusta dimensione per evitare che il fuoco soffochi, come ahinoi hanno scoperto alcuni membri di una brigata. I nostri ragazzi imparano a gestire questa risorsa conoscendo la natura, affidandosi ad essa, senza averne timore. Dopo di ciò c’è bisogno di imparare a cucinare in queste condizioni, che a volte possono essere anche avverse (si pensi alla pioggia o al vento), senza far mancare la giusta nutrizione dopo una giornata di duro lavoro. I nostri ragazzi imparano a cucinare tutto e non solo i cibi da brace, ma anche gli stessi alimenti che consumano a casa.

La forza del metodo educativo è proprio questo: riuscire ad insegnare come gestire la propria vita in maniera autonoma e responsabile, facendo forza sulle proprie potenzialità e accrescendo la propria autostima attraverso la sperimentazione di se stessi in situazioni differenti rispetto a quelle familiari,  in un ambiente avventuroso e stimolante. Prendiamo le costruzioni, ad esempio: qual è il valore educativo sotteso allo sviluppo dell’edificazione di tavoli, cucine con fuochi sopraelevati, panche, coperture per la pioggia, come quelle utilizzate nella puntata di giovedì scorso? Dopotutto basterebbe portarsi da casa un tavolino pieghevole, delle sedie e un fornello a gas, perchè sforzarsi tanto per erigere un campo scout costruendolo pezzo a pezzo?

La motivazione è prettamente educativa: imparare a costruire un campo significa imparare a conoscere di quale forza posso disporre quando tendo una corda o chiudo un nodo, significa capire di quali misure necessito per far coincidere i collegamenti tra gli elementi, significa imparare a valutare a che distanza inserire le panche per la seduta, la loro dimensione, ecc.. in un poche parole imparare a conoscere me stesso e le mie potenzialità, attraverso “l’imparare facendo”. Allo stesso modo la vita del campo, dormendo in tenda o utilizzando docce all’aria aperta aiuta i ragazzi a rendersi consapevoli di essere capaci di gestire le propria autonomia e sviluppare la propria autostima.

Se ci pensiamo nessuno mai, in un campo scout, chiede ai ragazzi di limitare il proprio intervento. Anzi è proprio con il lavoro di tutti i ragazzi, che assumono incarichi specifici per i quali si preparano duramente durante l’anno, che la vita al campo che il campo può avere luogo. Questo perchè al campo, come nella vita, sono i ragazzi a dover imparare ad essere protagonisti.

Quando poi tornano dal campo, da geniori, spesso chiediamo se si sono divertiti e se hanno mangiato a sufficienza. E’ normale, siamo genitori ed entrambe le cose ci stanno a cuore. Forse però dovremmo anche abituarci a chiedere loro cosa hanno imparato e farci raccontare come hanno vissuto il campo e attraverso quale mansione hanno contribuito a renderlo possibile. Probabilmente scopriremmo una porzione importante della loro vita da adolescenti, imparando piano piano a considerarli capaci di cose impensabili, ma che sono la misura del valore della loro crescita personale. I ragazzi ci meravigliano sempre, sono un’accelerazione verso il futuro che necessita solo di fiducia ed opportunità e gli adulti ne sono lo strumento, soprattutto quando collaborano per perfezionare questo cammino, siano essi genitori o educatori.

Proprio come si fa in una comunità, una famiglia… la famiglia scout!

 

Giovanni Bocchino
Commissario Sezione di Portici

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